venerdì 21 novembre 2008

L’Aglianico del Vulture che piace di più

Abbiamo pensato molto sul titolo di questo post, quello che più dava l’idea di quello che volevamo dire era “L’aglianico del Vulture più buono”, ma ci sembrava di penalizzare troppo altri vini, e quindi alla fine abbiamo scelto questo.

Non è facile dire quale sia l’aglianico più gradito, vista la quantità di proposte e la qualità che esiste oggi in Basilicata.

Quello che riportiamo è il parere dei nostri clienti di Enoteca, che abbiamo raccolto e pubblicato.

Per gli storici, il simbolo del vulture, il monumento di questo territorio è rappresentato dal Don Anselmo, della famiglia Paternoster.



Un vino importante, che cambia poco negli anni, non segue le mode e gli enologi del momento, la famiglia Paternoster che è senza dubbio pioniera in questo settore ha l’esperienza e una competenza altissima e ci tiene a conservare il vecchio gusto del suo vino. Qui di seguito una degustazione di Aglianico del Vulture Don Anselmo del 2004.

“Il valore dell'invecchiamento, il rispetto per le cose e le persone che hanno un'età è delle società rurali nelle quali l'apprendimento all'uso della vita è strettamente legato allo scorrere del tempo, ché non potrebbe essere altrimenti. E' diventato una cifra generalmente negativa, intendo diffusa nel senso comune e non solo a livello letterario (Menandro, Lorenzo il Magnifico) con l'avvento della cultura urbana di cui in Italia il Fascismo è stato il collante ideologico. Oggi è considerato bravo chi si mantiene giovane e riesce ad offrire questa immagine di se a dispetto del passare degli anni e tutto è lecito per raggiungere questo scopo, soprattutto la finzione. Con internet, poi, basta un clic e si ha la sensazione di poter accedere a tutte le nozioni necessarie in un secondo, senza aver avuto il bisogno di digerirle attraverso la lettura e lo studio lungo e intenso, senza perdita di tempo, appunto. Dare la sensazione di aver girato e bluffare è diventato molto facile se si sa operare bene con la cucina del copia e incolla ma il lettore percepisce ancora la moneta vera da quella falsa, almeno sino a quando anche il copia e incolla non sarà divenuto un valore positivo, cosa che è già considerata un pregio nello stilare le tesi universitarie. Anche nel vino è in corso una battaglia culturale sul problema dell'invecchiamento, ma qui, curiosamente, le parti sono assolutamente rovesciate perché si cercano modi e trucchi per fare sembrare i vini più vecchi di quelli che in realtà non siano attraverso varie pratiche enologiche non sempre consentite dalla legge. Oppure, di converso, si cerca di sfidare le proprietà della buccia ammorbidendo e facendo vini sempre più pronti, da consumare subito, evitando l'attesa e, soprattutto, l'esposizione finanziaria delle aziende. Il motivo è che i vini di fascia medio-bassa non hanno bisogno di sembrare vecchi, mentre quelli di fascia alta lo devono perché soggiacionoappunto all'obbedienza rurale dell'importanza del tempo e sono dunque per questo apprezzati dal commercio che sa aspettare per ben vendere. Ogni cosa ha il suo stile e la sua ragione d'essere purché, a mio modo di vedere, sia autentica e reale sino in fondo con chiarezza in etichetta e verso i consumatori. Come Paternoster: al Don Anselmo ha affiancato vini di nuova generazione, che ovviamente sono stati premiati, e ciò nonostante, resta questo il simbolo verso dell'Aglianico del Vulture. Perché Sergio e Vito non hanno mai voluto cambiarne lo stile, hanno solo migliorato le tecniche di vinificazione, con una attenzione maggiore rispetto ai primi anni, alla pulizia in cantina e alla selezione delle uve. Stop. Un vino protagonista del bel libro di Andrea Scanzi, l'Elogio dell'Invecchiamento che abbiamo presentato venerdì a Barile in una cornice magnifica, nella nuova azienda di Paternoter appena fuori il paese, proprio all'uscita Barile della superstrada Potenza Melfi, in una proprietà nella quale anni fa Vito mi accompagnò appena dopo averla comprata indicandomi un dosso: . Ed eccolo, allora, uno dei tanti miracoli del vino, la sua forza di mantenere i giovani attaccati alla terra, e che terra: il cielo stellato del Vulture era meraviglioso, noi eravamo protetti dai castelli di Melfi e di Lagopesole e la serata è volata via in un lampo. E, sì, il Don Anselmo 2004, conferma il suo stile austero, non urlato, in bocca la freschezza regale dell'Aglianico ribadisce la sua vocazione all'invecchiamento, la sua voglia di raccontare una storia lunga. Senza questi vini, chi scriverebbe di vino? Poi vi lascio con le parole usate per l'invito che avevo fatto per venire a trascorrere questa serata, maagnifica fra tanti amici, tra cui Pasquale Porcelli, Andrea De Palma, Donato Rondinella, numerosi produttori (Antonio De Palma, Franco Allegretti, Rino Botte, Michele La Luce, Michele Cutolo di Basilisco, Elena e Salvatore Fucci di Titolo, Michele Giannattasio, Giovanni Montrone di Regio Cantina, Teodoro Palermo presidente della Cantina di Venosa) ove si dimostra quanto sia importante per un'azienda interpretare bene il suo essere storica in un territorio: non restare l'unica e sola, ma avere la capacità di aprire con piacere le porte a tutti gli altri, ché nel mondo globale quale mai potrà essere la concorrenzza quanto in tutto l'Aglianico del Vulture non supera i tre milioni di bottiglie? Ecco allora, il mio invito fatto su questo sito.

In realtà nella mia vita non ho mai fatto vacanza come viene intesa oggi, intendo negli ultimi vent'anni, cioé non ho mai tagliato con il quotidiano, semmai mi ci sono avvinghiato ancora di più godendo la città vuota, prima i telefoni ora i cellulari pigri, l'esaurimento di spam, tutto meravigliosamente a disposizione, le strade senza traffico, l'intimità speciale che si crea fra chi resta nel posto di lavoro. Non assenza (vacatio), dunque, ma più presenza con le persone e le cose che mi piacciono. Per questo vi invito a questo appuntamento, voglio che vediate quanto è bello e austero il Vulture, la nuova cantina della famiglia Paternoster, il sapore della Locanda del Palazzo di Rino e Lucia Botte, scoprire i formaggi fatti con le vacche al pascolo, la signorilità dell'Aglianico, la stupefacente bellezza di Venosa e dei castelli di Federico II dalla cui sconfitta sono nati i secolari problemi del nostro paese, la cattedrale di Acerenza affacciata sull'infinito. Ecco, qui dove lavoro e studio è vacanza, sommerso dal verde sotto il cielo azzurro della Lucania. Per disquisire di invecchiamento, del valore accumulato dall'esperienza, della misura acquisita grazie ai torti subiti come alle scelte indovinate, della possibilità di sferrare un colpo a sorpresa imparato durante la lunghissima gavetta, per restare sempre giovani. Perché cedendo il passo si arriva prima. Perché tanti vini sono più freschi con il passare del tempo mentre le loro caricature sono flaccide dopo un'ora a tappo aperto. Venite qui.”


La cantina che negli ultimi anni stà avendo un gran successo è Cantine del Notaio. Meritatissimo.
Grandi gli investimenti in questo settore della famiglia Giuratrabocchetti , che propone come prodotto di punta la prestigiosa La Firma.



Per i giovani appassionati e intenditori questo è l’Aglianico di oggi. Sono loro a decretare senza dubbio che siamo di fronte al massimo. Si apre quindi una disputa tra vecchi appassionati di vino e nuovi, meglio il Don Anselmo o meglio La Firma ? Questo lasciamo deciderlo a Voi, per noi ci piace anche dare due primi posti, insomma di fronte a due grandi così forse è anche più giusto.

Qui di seguito una degustazione di Aglianico Del Vulture La Firma 2004.

“C'è una regione che non bluffa mai nel bicchiere, in miglioramento sensibile vendemmia dopo vendemmia. Recenti assaggi hanno confermato la straordinarietà dell'Aglianico del Vulture, dove ormai ci sono almeno una quindicina di produttori capaci di competere ad altissimi livelli, credo che nessun territorio del Mezzogiorno continentale sia così ricco a queste vette. Confesso che all'inizio La Firma mi aveva lasciato convinto ma non incantato perché mi sembrava un vino troppo voglioso di piacere e di stupire subito, poi con i ripetuti riassaggi mi sono progressivamente convinto che il tempo è un elemento da tenere in considerazione nella valutazione. La 2001, per esempio, di recente riassaggiata per l'ennesima volta, è davvero un vino straordinario, giovane, ricco di sentori olfattivi evoluti e complessi, fresco, lungo , abbastanza morbido. Il 2004 con cui abbiamo avuto un primo impatto un paio di settimane fa si presenta ancora più equilibrato, merito forse di una annata non eccessivamente concentrata come la 2003, che è stata capace di regalare a questi vini dai tannini forti quella eleganza necessaria per consentire loro il necessario decollo in una degustazione. Il 2004 ha appunto questo pregio, è robusto ma al tempo stesso elegante, intenso, persistente, fine, con un ingresso in bocca ricco al tempo stesso di frutta e di mineralità, in buon equilibrio i tannini con la freschezza: probabilmente per queste sue caratteristiche non ptotrà avere la setssa longevità del 2001, ma sicuramente ha molti anni ancora da raccontare. La pignoleria di Gerardo Giuratrabocchetti sta spingendo questi prodotti oltre ogni limite umano, è ormai alle soglie della leggenda, basta ancora una piccola spinta e un po' di marketing per fare di questo Aglianico uno dei rossi più grandi di tutti i tempi. Qui, crediamo, Luigi Moio ha raggiunto il suo picco interpretativo più significativo. Del resto questo rosso mette d'accordo un po' tutti, come succede ai Taurasi di Molettieri, modernisti e conservatori, e lo si evince chiaramente anche dai responsi delle guide specializzate e dai concorsi. La cosa che però a me piace di più è il rapporto profondo che Gerardo e la moglie Marcella hanno con il territorio di cui sono espressione compiuta, il fatto che i loro prodotti, a parte parleremo di questi grandi Moscati della Basilicata, sono inseriti in una rete produttiva di grande qualità, mai banale e mai scontata. Un Sud, infine, ancora da scoprire e conosciuto solo dai veri intenditori.”

Ma i vini di eccellenza in Basilicata non si possono fermare a questi due. E’ d’obbligo riconoscere anche se un gradino più basso, il grandissimo lavoro fatto negli ultimi anni da Elena Fucci che con il suo Titolo Aglianico Del Vulture è riuscita negli ultimi due anni a prendere i 3 Bicchieri di Gambero Rosso e da Cantina Bisceglie, anch’essa con il suo prodotto di punta “Gudarrà” esprime a pieno la forza, il carattere e la persistenza di questo grande vitigno.





Anche per il Titolo riportiamo di seguito una degustazione, per il Gudarrà la pubblicheremo in un post successivo.

“La giovanissima Elena Fucci, fresca laureata in Enologia a Pisa, è impegnata in un bel tour italiano: prima a Firenze con l'Espresso, ieri a Torino dove ho avuto il piacere di consegnargli l'attestato della Corona per Vini Buoni d'Italia del Touring, poi a Roma per i Tre Bicchieri e infine da Veronelli a Milano. Insomma questo rosso, come il Taurasi riserva 2001 di Mastroberardino, il Montevetrano e il Terra di lavoro, è davvero capace di mettere tutti d'accordo. La visione della sua superiorità emerge infatti dal punteggio di partenza delle commissioni del Touring a Paestum all'inizio di giugno, quando Titolo 2005 centra 85 punti pieni entrando di fatto sulla soglia della finale, fissata a 86. In considerazione della costanza aziendale e fatto il quadro regionale, decisi come coordinatore di dare la spintarella necessaria per farlo entrare nel panel dei degustatori regionali quasi due mesi dopo e ne sono molto contento visto il risultato: Corona piena e indiscussa. Ieri ancora un piccolo riassaggio, una delle piccole gioie in un salone abbastanza scarno, e la conferma di una scelta oculata e giusta. In effetti, viene da chiedersi, cosa rende così piacevole un rosso Aglianico di un'annata così difficile, per non dire impossibile, come la 2005. Secondo me proprio l'equilibrio in effetti già ragginto e giocato sul filo dell'eleganza, dell'equilibrio vellutato al naso come in bocca, di un Aglianico molto bello e signorile, davvero da incorniciare e, per di più, già pronto da bere. Il successo in questi casi dipende dall'indovinare l'incrocio giusto fra il legno e le condizioni della frutta, una risposta che si cerca nell'esperienza o, più semplicemente, dalla casualità imposta dalla disponbilità economica o dalle previsioni dell'enologo. Da tempo Sergio Paternoster, almeno due vendemmie, cerca su alcuni vini l'alleggerimento e in questo caso è stato premiato proprio da questa combinazione molto brillante. Ne sono lieto per la piccola Elena e per il suo simpaticissimo papà Salvatore, precipitato in una dieta drastica dopo anni di bagordi per poter, come dice lui, . Ed è così: questa piccola impresa contadina sta facendo grande Barile, è in un gioco di squadra molto intelligente e raro, e costituisce il volto migliore di una cultura contadina che capisce come sia importante avere l'enologo e al tempo stesso fare sacrifici per laureare il futuro stesso dell'azienda. Sono scelte davvero non facili, ma per fortuna esistono e per fortuna anche le guide, pur con tutti i difetti e i limiti che hanno e di cui si discute in continuazione, svolgono questo compito importante di mettere sotti i riflettori questi vini, queste imprese e questi territori. Vini, imprese e territorio che possono vivere e svilupparsi non con le bizze di borghesi annoiati in cerca di chicche da esibire in cenacoli ristretti, ma solo se conquistano il vertice della produzione enologica nazionale di qualità in campo commerciale.”

Per finire non possiamo non parlarVi del Carato Venusio e di Cantine di Venosa, il vino lo abbiamo già descritto in un post precedente e non vogliamo ripeterci, era d’obbligo però riconoscere a questa Cantina, lo sforzo dei 500 e più soci, che negli anni stanno compiendo per far crescere sempre più la conoscenza e la qualità del vino del territorio lucano. Di questa cantine proponiamo la degustazione di un vino da bere tutti i giorni, ottimo per rapporto qualità prezzo: Terre D’Orazio 2003



“Ci sono alcune espressioni usate solo per consuetudine letteraria il cui significato è però profondamente cambiato nel corso degli ultimi anni. Una di queste, alla quale spesso mi sono uniformato anch'io, è vino quotidiano. Da un un punto di vista etimologico, vorrebbe dire il bicchiere quotidie, quello che si beve ogni giorno durante il pasto più per abitudine alimentare che per fare una esperienza concettuale, in realtà i dati del consumo pro capite dimostrano come siano ormai davvero pochi gli italiani che a tavola usano un bicchiere di vino, soprattutto durante la pausa pranzo. In realtà spesso con questa espressione si intende vino di ricaduta, vino base, vino meno costoso: io spesso lego questo concetto al bicchiere delle situazioni all'impiedi, dal buffet alla scampagnata, di gruppo, quando, appunto, la testa deve semplicemente rilassarsi e non si è concentrati molto su quello che si mangia e si beve. In questi casi al vino si chiede soprattutto bevibilità, immediatezza, freschezza, economicità e si sconta una sorta di espressione monocorde al naso come in bocca anche perché spesso non viene degustato nei bicchieri adatti che aiutano, eccome, ad esprimerlo. Sia come sia, il Terre d'Orazio rientra in questa tipologia: sicuramente meno conosciuto del Carato Venusio, poco più di 5 euro nonostante la sosta in barrique, è la bottiglia che troverete in quasi tutte le osterie e le trattorie della Lucania perché contribuisce a calmierare il conto regalando al tempo stesso un Aglianico buono, frutto di una selezione di uve della Cantina diretta da Teodoro Palermo. La versione 2003 riflette in pieno l'annata, prevale infatti la frutta morbida e a distanza di soli quattro anni il terre d'Orazio ha ormai una sua compiutezza aurea da consumare rapidamente, difficilmente potrà esprimersi ulteriormente con il passare degli anni perchè i tannini ormai sono stati ben levigati dal tempo e la freschezza è assolutamente ammagliata con le altri componenti, nel senso che sostiene la beva ma non è più la caratteristia principe del bicchiere. Un vino tutto sommato dunque facile e di buon approccio generale, il primo scalino di approccio all'Aglianico, da spendere sui piatti della cucina tradizionale o anche, più semplicemente, su una buona pasta al pomodoro con il sugo appena un po' più tirato come succede spesso nelle mense o nelle gastronomie.”

Tutte le degustazioni sono tratte da www.lucianopignataro.it

Le foto e i vini sono sono disponibili all’acquisto on line su www.buoniatavola.it

Al prossimo post, buon fine settimana.